Distruzione_SriLanka_Panoramica

Un estratto del racconto di Lafcadio Hearn (dall’originale)

 La storia di Hamaguchi in un libro di lettura per le scuole elementari di Nakai Tsunezo del 1937 e in un opuscolo contemporaneo

Jaggar

Thomas Jaggar al lavoro presso l'Hawaiian Volcano Observatory (Courtesy USGS)

Japan Tsunami Seismic Network

L’implementazione della rete di sismografi sottomarini sulle coste giapponesi dopo lo tsunami del 2011

L’implementazione della rete di sismografi sottomarini sulle coste giapponesi dopo lo tsunami del 2011L’idea moderna di allertare le popolazioni sugli tsunami in arrivo per consentire loro di salvarsi risale, in prima battuta, a un episodio storico avvenuto nel Giappone nel diciannovesimo secolo, noto come “il fuoco di Inamura” (Inamura no Hi). Come spesso avviene per gli episodi di grande eroismo, la storia è diventata quasi una leggenda e per questo ne circolano innumerevoli versioni, ciascuna con dettagli diversi. Quella più nota è certamente quella scritta da Lafcadio Hearn, uno scrittore, giornalista e studioso di origini irlandesi che fu, tra l’altro, il primo straniero a ottenere la cittadinanza giapponese, sposando la figlia di un Samurai e adottando il nome di Yakumo Koizumi. Secondo il racconto di Hearn, pubblicato nel 1896 sulla rivista The Atlantic Monthly con il titolo “Un dio vivente”, Gohei (Goryo) Hamaguchi era un uomo saggio e influente, che nel corso della sua lunga vita era stato per molto tempo capo-villaggio.

In una sera d’autunno, dalla sua casa in collina notò uno strano movimento del mare, che si ritirava lasciando allo scoperto letti di alghe e pesci, tra lo stupore degli abitanti del villaggio, accorsi alla spiaggia per l’insolito spettacolo e ignari del suo significato. Hamaguchi, intuendo il pericolo, comprese che non avrebbe avuto tempo di correre alla costa per dare l’allarme, e iniziò ad appiccare il fuoco ai covoni di riso stesi ad asciugare dopo la mietitura, per attirare l’attenzione delle centinaia di persone che erano in quel momento vicine alla costa. Queste persone iniziarono a risalire rapidamente lungo la collina, chiedendosi se Ojiisan - il nonno - fosse impazzito a incendiare il raccolto. Quando arrivarono sulla collina, all’orizzonte iniziò a intravedersi una lunghissima e sottile linea scura, accompagnata da un rumore più forte di un tuono che in pochi attimi arrivò sulla costa spazzando via tutto in un’unica, immensa nuvola di schiuma e acqua vaporizzata.

In seguito Hamaguchi fece costruire a Hiro-Mura il primo terrapieno protettivo per difendersi dagli tsunami, pagandolo di tasca propria: si trattava di una diga alta cinque metri e larga quasi venti, la cui costruzione è iniziata nel 1855, a nemmeno un anno dallo tsunami. Per realizzarla, furono utilizzate rocce, materiali depositati dello tsunami e terra, e furono piantate file di alberi di pino per ancorare meglio il terreno. Quel terrapieno, che esiste tuttora, fu il primo di moltissimi altri, realizzati lungo tutte le coste giapponesi, alcuni dei quali sono ben visibili in molte riprese sullo tsunami di Tohoku del 2011. La storia di Goryo (o Gohei) Hamaguchi fa riferimento al grande terremoto che colpì il Giappone il 5 novembre del 1854 noto come terremoto di Ansei - Nankai, ed è tuttora raccontata nelle scuole elementari giapponesi per insegnare ai bambini a comprendere gli tsunami e imparare a proteggersi.

Per celebrare l’eroismo di Hamaguchi, e soprattutto per ricordare il rischio degli tsunami, in diverse città del Giappone sono state realizzate statue di Hamaguchi che corre tra i campi con due torce tra le mani dando fuoco ai covoni di riso.

Proprio per questi motivi il 5 novembre è stato simbolicamente scelto per celebrare il “World Tsunami Awareness Day” (WTAD), iniziativa dell'UNESCO volta proprio a migliorare la consapevolezza del rischio legato a questi fenomeni naturali. Tuttavia l’intuizione di Hamaguchi non poteva avere seguito dal punto di vista dell’allertamento: nel 1854 mancavano sia le conoscenze sia le tecnologie necessarie non solo per sviluppare ma anche per immaginare un sistema di allertamento rapido, e come spesso avviene nel campo della riduzione dei rischi naturali, è stato un nuovo evento catastrofico a far capire la necessità di migliorare la conoscenza scientifica e sviluppare tecnologie di monitoraggio e allerta rapida per salvare le vite.

Il Giappone può essere considerato, a buona ragione la culla dei moderni sistemi di allertamento rapido e della scienza che studia gli tsunami. Nel 1896, dopo il gigantesco e catastrofico tsunami di Sanriku, con run-up fino a 38 metri di altezza e 22000 vittime, la Commissione per la prevenzione dei terremoti del Ministero dell'Istruzione giapponese pubblicò il primo articolo scientifico che menzionava il terremoto come fenomeno precursore dello tsunami.

I primi tentativi di monitoraggio e allertamento rapido risalgono al grande terremoto della Kamchakta del 3 febbraio 1923, di magnitudo 8.3. In quell’occasione, Thomas Jaggar, sismologo e fondatore dell’Hawaiian Volcano Observatory, registrò la scossa e ne stimò l’intensità e la distanza: conoscendo le differenti velocità di propagazione delle onde sismiche e degli tsunami, fu in grado di calcolare con precisione i tempi d’arrivo. Jaggar diede l’allerta, ma fu totalmente ignorato dalle autorità. Lo tsunami arrivò come previsto dallo scienziato, causando grandi danni e almeno un morto. Il 2 marzo del 1933 fu lo stesso Jaggar a dare nuovamente l’allerta per il terremoto di Showa Sanriku in Giappone, di magnitudo 8.5. In quell’occasione le autorità presero sul serio l’allarme di Jaggar, consentendo di evacuare le zone più esposte e di salvare numerose vite, nonostante l’inondazione avesse causato molti danni.

Lo tsunami di Showa Sanriku del 1933 diede il via ad alcuni importanti cambiamenti anche nel sistema di mitigazione del rischio in Giappone: la stessa Commissione per la prevenzione dei terremoti preparò il primo decalogo sulla riduzione del rischio tsunami, e molte delle contromisure proposte sono ancora oggi la base per le agenzie di Protezione Civile in tutto il mondo.

Nel 1941 fu fondata a Sendai la prima organizzazione di allertamento rapido per gli tsunami, per proteggere la costa di Sanriku, in grado di operare sulla base di osservazioni strumentali dei terremoti. I ricercatori del Sendai Local Meteorological Observatory avevano preparato un diagramma basato sull'ampiezza delle onde sismiche e sulla distanza dell’epicentro per capire se c’era pericolo di tsunami, ed era in grado di avvertire i cittadini entro venti minuti dal terremoto, attraverso le stazioni di polizia, le radio locali e i telefoni. Con l’emanazione del Meteorological Business Act del 1952, il sistema di previsione fu esteso a tutto il Giappone sotto il coordinamento della Japan Meteorological Agency (JMA), che tuttora coordina il monitoraggio sismico e la diramazione delle allerte rapide.

Il 1° aprile del 1946 un terremoto di magnitudo 8.6 al largo delle isole Aleutine, in Alaska, scatenò un enorme tsunami che, viaggiando a oltre 800 km/h, arrivò alle Hawaii cinque ore dopo. Le Hawaii, proprio per la loro particolare posizione geografica (al centro dell’Oceano Pacifico), sono particolarmente esposte agli tsunami che si originano lungo tutto l’anello del Pacifico. In quell’occasione, a Hilo il fronte d’onda arrivò a quasi 14m d’altezza, mietendo 159 vittime e distruggendo tutto ciò che incontrava sul suo cammino. In quell’occasione nessuna allerta fu diramata, e in seguito a quell’evento s’iniziò a comprendere che se fosse stato inviato un messaggio quelle persone avrebbero certamente potuto salvarsi, e anche i danni sarebbero stati più contenuti.

In seguito a quella catastrofe, il Governo degli Stati Uniti fondò nel 1949 il primo Centro di Allerta Tsunami, presso l’osservatorio geomagnetico di Honolulu, il primo nucleo di ciò che in seguito diverrà il Pacific Tsunami Warning Center (PTWC) che attualmente fa parte del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), e che costituisce ancora oggi un riferimento per i sistemi d’allerta rapida che operano in tutto il mondo. Il sistema di allertamento degli Stati Uniti si è sviluppato in modo progressivo, anche a seguito dei catastrofici tsunami del 1952 (terremoto di Tokachi – Oki), 1957 (Aleutine) 1960 (Cile) e 1964 (Alaska) che hanno portato nel 1967 alla fondazione del Pacific Tsunami Warning Center (PTWC).

Lo tsunami del Cile del 22 Maggio 1960 diede un nuovo impulso allo sviluppo dei sistemi di allertamento rapido: nessuno in Giappone avvertì il terremoto, e la JMA non diede l’allerta. Tuttavia, le onde di tsunami generate dal terremoto viaggiarono per molte ore lungo tutto il Pacifico, e il loro arrivo sulle coste giapponesi la mattina successiva, con altezze comprese tra i 3 e 6 metri, colse totalmente di sorpresa gli abitanti, causando danni economici molto ingenti.

Il 26 Dicembre 2004, a largo della regione di Banda Aceh, isola di Sumatra in Indonesia, avvenne un terremoto di Mw9.2 che generò uno tsunami devastante, classificato tra le maggiori catastrofi naturali degli ultimi 100 anni con la perdita di circa 230.000 vite umane.
Il grande numero di vittime, causato dalla forte densità abitativa costiera, pose l'accento su due problematiche sino ad allora marginalmente discusse: l'aumento del livello di esposizione della popolazione costiera direttamente correlato al fattore di crescita della densità abitativa, di conseguenza, l'esigenza di implementare sistemi di allerta rapida da tsunami per mitigare il rischio da maremoto.
L'UNESCO seguì due linee d'intervento: in primis diede supporto alle regioni colpite stanziando fondi ed inviando mezzi di supporto ed intervento sul campo, in seconda istanza offrì il proprio sostegno alle autorità nazionali allo scopo di organizzare sistemi di allertamento più efficaci. Per approfondire: "Dopo Sumatra: il ruolo dell'UNESCO". 

Un ulteriore impulso al sistema giapponese è venuto dallo tsunami del 2011, generato dal grande terremoto del Giappone orientale (Tohoku). Dopo questo terremoto sono stati effettuati molti studi importanti per la comprensione dei processi di generazione dei grandi eventi sismici, mentre i sistemi di difesa dagli tsunami sono stati potenziati notevolmente.

Anche la regione del Mediterraneo, parte dell’ICG/NEAMTWS (link alla scheda) dispone di un sistema di allertamento rapido e di mitigazione del rischio tsunami, che opera non solo per il Mediterraneo ma anche per il Nord Est Atlantico (Dal Marocco alla Norvegia) e per i bacini connessi (Mar Nero e Mar di Marmara).

Il sistema NEAM è diventato pienamente e ufficialmente operativo nel 2016, con l’accreditamento dei quattro Tsunami Service Provider (TSP) operanti nell’area: il CAT-INGV per l’Italia, il CENALT per la Francia, l’Hellenic National Tsunami Warning Centre per la Grecia e il Kandilli Observatory and Earthquake Research Institute per la Turchia. Di recente (dicembre 2019) anche l’Istituto Portoghese del Mare e dell’Atmosfera (IPMA) ha ricevuto l’accreditamento come TSP per l’Atlantico orientale.