Inondazione_Japan
Monitoraggio sismico Un evento sismico del 2018 alle Hawaii rilevato dalla rete sismica globale utilizzata da Early-Est per localizzare i terremoti e calcolare la magnitudo.

Alcuni grandi terremoti, se avvengono sotto il fondale marino o vicino alla costa, possono causare lo spostamento verticale di enormi masse d’acqua. La rottura all’interno della crosta terrestre parte in un punto in cui le rocce sono più fragili e si propaga ad una velocità variabile tra due e tre chilometri al secondo, estendendosi per tutta la faglia per decine di chilometri o, nei terremoti più distruttivi, per centinaia di chilometri di lunghezza. Lo spostamento dei fondali che ne deriva causa l’innalzamento improvviso, anche di alcuni metri, di vastissime aree di mare e l’abbassamento di altre. Si genera così uno squilibrio che coinvolge miliardi di metri cubi d’acqua: lo tsunami non è altro che il ritorno delle masse d’acqua ad uno stato di equilibrio. Purtroppo però nel fare questo il mare, almeno in parte, esce dal suo alveo naturale e invade la terra ferma avanzando in forma di ondate successive. Le onde di tsunami, attraversando gli oceani, trasportano energia anche a grandissima distanza e in mare aperto possono raggiungere la velocità di alcune centinaia di chilometri l’ora (fino a 800 km/h in pieno Pacifico), velocità che si riduce ad alcune decine di chilometri l’ora man mano che si avvicinano alla costa e la profondità si abbassa favorendo l'aumento dell'ampiezza dell'onda per effetto della conservazione dell'energia. Per ulteriori approfondimenti sulla dinamica degli tsunami, clicca QUI.

La rottura della crosta terrestre che è all’origine del terremoto ha un secondo effetto: genera all’interno della crosta delle onde “solide”, cioè delle oscillazioni, delle compressioni e delle dilatazioni della materia solida, dette onde sismiche, che viaggiano attraverso la crosta. A differenza delle onde di tsunami, le onde sismiche perdono rapidamente di energia man mano che si allontanano dalla rottura che le ha generate, ma possono raggiungere la velocità di oltre 10 chilometri al secondo, ovvero quasi 40,000 chilometri l’ora. Ad esempio, se avvenisse un forte terremoto in mare nei pressi dell’isola di Creta seguito da un maremoto, le onde sismiche raggiungerebbero l’Italia in meno di 2 minuti, mentre lo tsunami arriverebbe sulle coste siciliane e calabresi dopo quasi due ore.

Purtroppo le onde sismiche sono molto distruttive in prossimità del punto di rottura della faglia e sono all’origine delle devastazioni e dei crolli che si verificano nelle aree epicentrali. Però queste stesse onde sismiche, grazie alla loro velocità, consentono di rilevare in anticipo i potenziali tsunami.

Le onde sismiche arrivano, infatti, sulla costa molto prima delle onde di tsunami (sono almeno cinquanta volte più veloci), e il loro potenziale distruttivo diminuisce molto all’aumento della distanza. Tuttavia, proprio perché veloci possono essere utilizzate per "prevedere" l'arrivo di un possibile maremoto. Per questa ragione, il metodo più veloce per lanciare l’allerta per gli tsunami generati da un terremoto consiste nell’osservare le onde sismiche registrate da apposite reti di sensori detti sismometri. L’analisi di queste registrazioni permette di localizzare un terremoto e di calcolare la sua magnitudo in pochi minuti, anche se il terremoto avviene in mare, lontano dai sensori.

Esistono alcune reti di sismometri, dette “globali”, che sono utilizzate per localizzare grandi terremoti che avvengono in un qualunque punto della terra. Esse sono costituite da sensori installati su tutta la Terra. La prima rete globale, chiamata World-Wide Standardized Seismographic Network (WWSSN), fu creata negli Stati Uniti d’America all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso. Era pensata per poter localizzare non solo i terremoti ma anche le esplosioni nucleari, che generano, all’interno della crosta, onde sismiche molto simili a quelle generate dai terremoti.

L’evoluzione moderna della WWSSN si chiama Global Seismographic Network (GSN): è una rete digitale permanente gestita in collaborazione dall'USGS (il servizio geologico statunitense) e il consorzio inter-universitario IRIS (Incorporated Research Institutions for Seismology ), con oltre 150 stazioni sismiche moderne distribuite in modo omogeneo su tutto il globo.

Una seconda rete globale, la rete GEOSCOPE, fu creata nel 1982 dall’Institut de Physique du Globe de Paris; ad oggi è costituita da 33 sensori. La terza rete globale, chiamata GEOFON, fu realizzata alla fine degli anni ’80 per iniziativa del GeoForschungsZentrum (GFZ, centro di ricerca per la Terra) di Potsdam. GEOFON Si avvale oggi della collaborazione di oltre 50 partner internazionali ed è costituita da circa 80 sensori sismici di alta qualità distribuiti in tutto il globo, ma con un maggior numero di strumenti in Europa e nell’Oceano Indiano. La sua configurazione iniziale era stata pensata per rendere possibile l’invio di un messaggio di allarme in caso di tsunami nell’Oceano Indiano.