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Kos car displaced  Kos (Grecia) un'automobile trascinata nell'entroterra per decine di metri dall'onda del piccolo tsunami del 20 Luglio 2017. Cape Scotch 1946 I tre fari di Cape Scotch (Isole Aleutine, Alaska) rasi al suolo dallo tsunami del 1° Aprile 1946 Ghost forest Neskowin (Oregon): tronchi sommersi dallo tsunami del 1700 su una spiaggia nei pressi della Ghost Forest 
© University of Oregon

Le onde degli tsunami sono molto diverse da quelle dovute alle tempeste: quando si cerca di capire l’impatto di questo fenomeno, l’errore più comune è quello di confrontare due fenomeni molto diversi tra loro. A differenza delle onde causate dal vento, quelle degli tsunami muovono l’intero volume della colonna d’acqua dal fondo alla superficie e non solo gli strati superficiali, hanno ampiezze di decine o centinaia di chilometri e trasportano moltissima energia. Quando arriva sulla costa, la velocità dello tsunami diminuisce rispetto al mare aperto, ma può comunque superare i 10 metri secondo, quasi quaranta chilometri all’ora.

L’analisi degli eventi recenti, così come le simulazioni in vasche espressamente attrezzate, hanno dimostrato che un’onda di tsunami di poche decine di centimetri può trascinare in mare un adulto, mentre onde più alte possono tranquillamente trasportare intere navi per centinaia di metri nell’entroterra della zona colpita, com’è avvenuto ad esempio negli eventi di Sumatra (2004), Giappone (2011).

Un’onda di altezza compresa tra il mezzo metro e il metro può scardinare porte, infissi e sfondare pesanti cancellate di ferro. Le onde più grandi possono agevolmente abbattere pareti in muratura, strappare una casa dalle sue fondamenta, trascinando sul loro cammino qualsiasi tipo di materiale che incontrano sulla loro strada.

Anche le costruzioni più solide possono essere abbattute da uno tsunami con onde particolarmente alte: le onde dello tsunami delle Aleutine del 1° Aprile 1946 arrivarono a oltre trenta metri di altezza, distruggendo completamente tre fari marittimi a Capo Scotch, in Alaska. Cinque ore più tardi le stesse onde arrivarono a Hilo, nelle Hawaii, a oltre tremila km di distanza, causando almeno 156 vittime.

Le onde degli tsunami hanno una forza enorme: è per questo motivo che se si sente un terremoto forte o prolungato nei pressi della costa, bisogna immediatamente evacuare l'area, scappando il più lontano e in alto possibile. Come dimostra il video, realizzato in una vasca navale attrezzata allo scopo, la velocità di un’onda di poco più di trenta centimetri è maggiore di quella di una persona che corre per fuggire, e soli trenta centimetri d’acqua sono più che sufficienti per gettare a terra e trascinare via un uomo adulto.

Agli effetti immediati degli tsunami, legati all’energia cinetica trasportata dall’acqua in movimento, si aggiungono gli effetti a lungo termine sull’ambiente e sull’agricoltura. Dopo uno tsunami tendono, infatti, a depositarsi grandi quantità di sale marino sul terreno, che tende ad accumularsi e concentrarsi uccidendo le piante esistenti – inclusi gli alberi - e impedendo che ne crescano di nuove, fino a rendere impossibile qualsiasi coltivazione ed eliminare così un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni colpite, aggiungendo altri danni a quelli dovuti all’impatto delle onde.

Il fenomeno della sedimentazione di depositi durante le ingressioni dovute a tsunami è particolarmente importante anche per individuare le tracce di eventi passati, per i quali non esiste una documentazione storica. I ricercatori sono riusciti per esempio a datare un importante tsunami che ha colpito le coste del Giappone agli inizi dell’anno 1700 studiando le centinaia di pini morti nella Foresta Fantasma di Copalis nello Stato di Washington, sulla costa nord-occidentale degli Stati Uniti.

Gli alberi sono stati sommersi da un’inondazione di almeno un metro causata dalla risalita dello tsunami lungo il corso del fiume. Attraverso l’analisi dei cerchi di accrescimento è stato possibile risalire con precisione all’anno della loro morte, avvenuta proprio a causa del sale depositato nel terreno: la scoperta è molto importante perché ha permesso di individuare la sorgente sismica di un grande tsunami che colpì le coste orientali del Giappone, chiamato “tsunami orfano” perché nei cataloghi giapponesi non risultava alcun terremoto locale che potesse averlo generato.

Nelle aree inondate dagli tsunami si ritrovano inoltre grandi quantità di sedimenti di varia natura provenienti dal fondo marino, che includono fanghi, sabbie, sassi e molto frequentemente anche conchiglie. L’analisi delle sezioni di questi depositi, chiamati tsunamiti, consente di raccogliere dati più precisi su questo tipo di fenomeni, migliorando le conoscenze sugli tsunami avvenuti in epoca storica e consentendo lo studio degli eventi avvenuti in epoche più antiche, allo scopo di capire la frequenza degli tsunami e la pericolosità di certe aree.