Tre anni fa, il 30 ottobre 2020, uno tsunami innescato da un terremoto di magnitudo 7.0 Mw ha colpito l'isola di Samos (Grecia) e la costa egea della regione di Izmir (Turchia)

Pur non essendo stato uno tsunami disastroso, come avvenne nel 2011 in Giappone o nel 2004 in Indonesia, l’evento ha provocato danni importanti in Grecia e in Turchia, mettendo in luce ancora una volta la complessità della catena di allertamento per gli tsunami generati da terremoti prossimi alle coste abitate e quindi caratterizzati da rapida insorgenza.

Questo evento ha messo a dura prova la capacità delle autorità locali e delle comunità a rischio di agire tempestivamente.

Secondo l'Autorità turca per la gestione delle catastrofi e delle emergenze (AFAD), una delle vittime accertate in Turchia è annegata a causa dello tsunami

L’evento del 30 ottobre 2020 è stato un amaro promemoria per tutti i Paesi del Mediterraneo, dopo il campanello d’allarme del 20 luglio 2017 in seguito allo tsunami di Bodrum (Turchia)-Kos (Grecia), per aumentare la preparazione al rischio tsunami attraverso reti potenziate di rilevamento del livello del mare, istruzione e cooperazione internazionale.

Il Centro Allerta Tsunami sta lavorando da anni in questa direzione, attraverso il miglioramento delle capacità di riconoscimento degli tsunami, la definizione della pericolosità per le coste italiane e degli altri Paesi del Mediterraneo e la sperimentazione del programma Tsunami Ready in Italia.

Nel video pubblicato lo scorso anno e diventato virale sui social - raggiungendo milioni di utenti - si capisce molto bene come uno tsunami di dimensioni relativamente modeste come quello del 30 ottobre 2020 possa provocare danni e mettere a repentaglio la vita delle persone.

Conoscere i comportamenti migliori da seguire e riconoscere i segnali naturali di allerta è fondamentale per difendersi dagli tsunami.