Distruzione_SriLanka_Panoramica

Dopo la prima dichiarazione del 30 dicembre 2004, nel marzo del 2005 si è tenuto a Parigi il primo di una lunga serie incontri internazionali tra Istituzioni scientifiche e organizzazioni di Protezione Civile, coordinati dall’IOC (Intergovernmental Oceanographic Commission), che è per l’appunto una commissione dell’UNESCO. L’obiettivo di questi appuntamenti, diventati ormai periodici, è quello di migliorare le conoscenze sul fenomeno, affinare la valutazione del rischio tsunami, rendere sempre più efficienti i sistemi di allerta rapida e mettere a punto interventi di comunicazione e formazione per i cittadini e le comunità esposte, in modo che siano preparati sulle misure di mitigazione del rischio da adottare in caso di evento.

Per comprendere meglio l’importanza di questi cambiamenti è necessario spiegare che l’efficacia dei sistemi di allerta tsunami dipende da molti fattori: è infatti necessario un continuo miglioramento delle conoscenze scientifiche che consentono di individuare e caratterizzare le sorgenti sismiche in grado di generare tsunami, delle reti strumentali che consentono sia di rilevare e localizzare i terremoti che avvengono in mare o vicino alla costa, sia di misurare eventuali onde di tsunami; un ulteriore sforzo deve essere rivolto inoltre nell’individuare delle metodologie capaci di stimare rapidamente se un eventuale terremoto sia o meno in grado di creare uno tsunami.

Inoltre, va ricordato che gli tsunami possono avere un impatto a livello locale (limitato a brevi tratti di costa di un solo paese); regionale (lo tsunami interessa la costa di uno o più paesi) o di bacino (lo tsunami ha effetti sulle coste di un intero oceano): proprio per questo motivo è necessario coordinare e armonizzare a livello internazionale i metodi e le norme per l’invio delle allerte tsunami, le modalità di funzionamento e i criteri da adottare nella messa a punto dei sistemi d’allertamento rapido.

Per gestire meglio le allerte su scala regionale e globale l’IOC ha adottato un’architettura basata su quattro sottosistemi corrispondenti a quattro precise regioni: Oceano Pacifico (il primo bacino a dotarsi di un sistema di allerta), l’Oceano Indiano, la zona atlantica dei Caraibi e infine quella dell’Atlantico Nord Orientale, del Mediterraneo e dei bacini connessi (NEAMTWS).

Ciascuna di queste aree comprende i centri di allerta nazionali (NTWC), i focal points (TWFP) che ricevono e rilanciano le informazioni diffuse da uno o più Tsunami Service Providers (TSP), cioè dai centri che effettuano il monitoraggio sismico e del livello marino sette giorni su sette per ventiquattro ore al giorno. I TSP hanno il compito di distribuire e diffondere messaggi d’allerta a tutti gli altri attori del sistema (governi, protezione civile) sia a livello del sistema regionale che alle altre organizzazioni che sottoscrivono il servizio, rendendo quindi necessario un insieme di procedure, formati e regole condivise che consentano di scambiare le informazioni in modo chiaro, veloce e preciso.

I Centri nazionali di allerta tsunami lavorano a stretto contatto con le autorità di Protezione Civile e i funzionari dei governi per migliorare la capacità di avvertire i propri cittadini dell'imminente pericolo di tsunami causati da terremoti nella propria regione o provenienti da zone più lontane.

Grazie al costante impegno dell’UNESCO e dell’IOC, dopo gli eventi catastrofici di Sumatra (2004) e del Giappone (2011), sono stati fatti numerosi e rilevanti progressi, sia dal punto di vista della conoscenza scientifica che della capacità di salvare vite umane.

Tuttavia è bene ricordare che si tratta di un lavoro caratterizzato da ampi margini d’incertezza, che richiede continue verifiche e affinamenti, sia per individuare e risolvere eventuali problemi di natura tecnologica o organizzativa, sia per integrare e applicare operativamente le nuove conoscenze scientifiche disponibili. É proprio per queste ragioni che l’intero sistema è sottoposto a test periodici che servono per verificare il funzionamento degli apparati tecnologici (stazioni sismiche, mareografi, reti per la trasmissione dati) e per verificare la correttezza e l’adeguatezza delle procedure.

Tra i numerosi test previsti uno dei più importanti è certamente la serie di esercitazioni chiamate “NEAMWave”, coordinata proprio dall’IOC. Il test consiste nella simulazione del processo di allertamento su scala regionale e su scala nazionale, in base ad uno o più scenari precalcolati che prevedono un ipotetico terremoto tsunamigenico nell’area. In questa occasione viene testata l’intera procedura, con tutti i passaggi previsti in caso di evento reale: dall’analisi del terremoto, alla valutazione del potenziale tsunamigenico, all’invio dei messaggi di allerta, l’analisi in tempo reale dei dati mareografici, fino all’applicazione delle procedure di allertamento rapido da parte delle organizzazioni di Protezione Civile.

Le esercitazioni sono un aspetto importante del lavoro di monitoraggio, volto a individuare possibili errori, migliorare gli standard operativi e ad affinare la rapidità e la qualità delle attività di monitoraggio. Gli operatori di tutti i centri d’allerta devono compiere regolarmente test di localizzazione dei terremoti e di trasmissione dei messaggi per migliorare le capacità di risposta del sistema, cui si aggiungono esercitazioni su larga scala come NEAMWave, che coinvolgono periodicamente tutti i centri d’allerta e le protezioni civili dell’area. L’ultima esercitazione NEAMWave si è tenuta nel 2017, la prossima si terrà nel 2020.