Alle 7:58 del mattino, ora locale (00:58 UTC), del 26 dicembre 2004, un violento terremoto ha scosso la regione di Banda Aceh, in Indonesia, segnando l’inizio di una delle più devastanti calamità naturali dell'ultimo secolo. Il terremoto di magnitudo 9.1 è uno tra i terremoti più forti registrati nel XX e XXI secolo ed è stato generato dalla rottura di una faglia lunga oltre 1000 km avvenuto al margine tra la placca Indo-Australiana che, in subduzione, scivola sotto la placca di Burma.
Dopo 20 minuti dalla scossa principale, uno tsunami catastrofico colpì inizialmente le coste dell’Indonesia Settentrionale con onde alte fino a 30 metri e, nelle ore successive, quelle dell'intero Oceano Indiano causando vittime e danni anche a migliaia di chilometri di distanza dall'epicentro. Lo tsunami, infatti, si propagò in poco tempo in tutto l'Oceano Indiano, raggiungendo decine di Paesi lungo le coste asiatiche e africane. In Thailandia, Sri Lanka, India, Maldive le onde di maremoto causarono devastazione e decine di migilaia di morti, tra cui turisti da ogni parte del mondo. Le onde raggiunsero la distante Africa ove in Somalia - molte ore dopo il terremoto - causarono ingenti danni e quasi trecento vittime; molte altre sono state registrate in Kenia, Tanzania e in Sudafrica.
Tsunami di questo tipo, che producono effetti di dimensioni globali raggiungendo anche distanze maggiori di 1000 km dalla sorgente sismica poichè generati da terremoti di forte magnitudo, come il terremoto del 2004, sono definiti - dal punto di vista di chi si trova a subirne gli effetti - "teletsunami". Data la grande distanza dalla sorgente sismica, il terremoto che genera lo tsunami non può essere avvertito dalla popolazione prima dell’arrivo della prima onda di maremoto. In questi casi solo chi conosce alcuni fenomeni che possono precedere l'arrivo del maremoto può tutelarsi.Tra i segni naturali che anticipano l'arrivo di uno tsunami vi sono A) il ritiro del mare (qualora si manifesti; è possibile, infatti, che la prima onda sopraggiunga senza che si manifesti il ritiro del mare) B) un forte rombo provenire dal mare C) la ricezione di un'allerta tsunami. Questo evento, di fatto, ha evidenziato l'importanza di sistemi di allerta precoce e della collaborazione internazionale tra i centri di competenza e di allerta tsunami, come il Pacific Tsunami Warning System (PTWS), già operativo nel 2004 nell'Oceano Pacifico.All’epoca, i Paesi più colpiti – tra cui Indonesia, Thailandia, Sri Lanka e India – erano privi di un sistema di allerta tsunami adeguato, lasciando la popolazione esposta al rischio. In risposta, il disastro ha accelerato lo sviluppo di sistemi di allerta regionali, portando alla creazione del North Eastern Atlantic, Mediterranean and connected seas Tsunami Warning and Mitigation System (NEAMTWS) e del Centro Allerta Tsunami dell'INGV. In totale, lo tsunami del 2004 causò circa 230.000 vittime e si contarono oltre 22.000 dispersi. Quello del 2004 può essere definito lo tsunami del cambiamento poichè ha fornito una grande spinta ai centri di competenza e alla comunità scientifica tutta per l'implementazione e il miglioramento:
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dei sistemi di detezione di tsunami (monitoraggio)
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dello studio della pericolosità da tsunami utilizzando diverse tecnologie a 360°: dagli studi di paleotsunami fino alle modellazioni ad alta risoluzione utili anche a produrre mappe di inondazione e migliorare la pianificazione dell'evacuazione
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di studi sulle comunità locali per approfondire la percezione del rischio tsunami, la presenza di memoria storica di tsunami del passato e di tradizioni antropologiche per fronteggiare gli tsunami (mitigazione)
Il Centro Allerta Tsunami dell'INGV è impegnato attivamente nelle attività su menzionate e, per questa occasione, ha partecipato alla pubblicazione della Storymap "Sumatra 2004. Venti anni dopo lo tsunami nell'Oceano Indiano del 26 dicembre 2004" in collaborazione con INGVTerremoti preceduta dalla pubblicazione di una sequenza di storie su Instagram. Per l'occasione, il responsabile del Centro Allerta Tsunami dell'INGV (Alessandro Amato) è stato intervistato da Rai Radio3 Scienza nel programma dal titolo "Quelle onde di 20 anni fa".