epigrafe catania 1693

 

Due forti scosse di terremoto, la prima il 9 gennaio e la seconda l’11 gennaio, colpirono la Sicilia orientale. In particolare, il secondo evento è stato il terremoto più forte e catastrofico avvenuto degli ultimi 1000 anni in Italia (Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11) e ha generato uno tsunami che è ben descritto dai cronisti dell'epoca

Questo evento, conosciuto anche come il terremoto del Val di Noto, è ricordato non solo per le sue conseguenze immediate in termini di perdite umane e materiali, ma anche per l'impatto duraturo che ebbe sulla storia, l'urbanistica e la cultura della Sicilia sud Orientale. L’intero sud-est dell’isola, infatti, subì mutamenti socio-demografici e culturali da quella che definita una delle più gravi calamità naturali che colpirono l’Europa in età moderna (in un articolo pubblicato su INGVTerremoti vi è un approfondimento di questo aspetto).

La scossa principale, che avvenne l’11 gennaio 1693 alle ore 13:30 GMT (circa le 21 secondo l’orario italiano in vigore all’epoca), fu avvertita in una vasta area dell'Italia meridionale. Fonti coeve narrano di oscillazioni causate dal forte terremoto avvertite sino a Malta, in alcune zone della Calabria e a Napoli. Il maggior numero di vittime e danni materiali si registrarono tra la provincia di Catania e Siracusa, fino all'entroterra del Vallo di Noto (la statistica ufficiale, redatta nel maggio 1693 riporta circa 54.000 morti).

In aggiunta alle perdite causate dal terremoto, furono devastanti gli effetti generati dal maremoto. Le fonti storiche descrivono diffusamente l'iniziale ritiro del mare, un fenomeno che oggi riconosciamo come segno premonitore di uno tsunami (questo fenomeno non si verifica sempre: in alcuni casi, lo tsunami può iniziare con un'onda "positiva" che colpisce direttamente le coste senza un precedente ritiro del mare). 

Nel catalogo degli tsunami Euro-Mediterranei sono minuziosamente riportate le osservazioni che elenchiamo di seguito.

La città di Augusta (SR), all’epoca fiorente porto commerciale e crocevia della tratta di prodotti provenienti dal Medio-Oriente, fu tra le località maggiormente colpite.
Il primo effetto ivi osservato, appunto, fu il ritiro del mare. Il fenomeno prosciugò completamente il porto, causando gravi danni alle navi ormeggiate, in particolare a due grandi imbarcazioni maltesi che batterono violentemente il fondale del porto. L’inondazione che seguì il ritiro del mare, sommerse il quartiere adiacente al porto, fino alla chiesa di S. Domenico, a circa 150m dal mare (Acquaviva, 1693; Boccone, 1697a, b, c; Mongitore, 1743; Anonimo, 1693d; Burgos, 1693; Muglielgini, 1695) furono molte le vittime causate dallo tsunami, soprattutto donne e bambini che, impauriti dalle scosse avvertite nei giorni precedenti, trovarono rifugio accampandosi vicino al molo (Anonimo, 1693e). Ad Augusta furono osservati run-up di circa 15m.

A Catania è stato osservato un notevole innalzamento del livello del mare (Burgos, 1693) seguito dal ritiro di molte imbarcazioni (Campis, 1980; Anonimo, 1693a, b). Per circa 15 minuti furono osservate una sequenza di onde, tre delle quali lambirono le mura della città. L'acqua del mare inondò la città fino a piazza San Filippo; le aziende agricole situate nei pressi della città furono inondate (Boccone, 1697a).

Secondo Boccone (1697a), a Siracusa si osservarono tre ritiri e inondazioni. Il porto rimase asciutto per oltre 50 passi (più di 70 metri) rendendo visibile il fondale; le successive onde raggiunsero altezze di oltre 8 piedi (run-up di circa 2,5 m) rispetto al livello abituale. I pescatori, che di solito gettavano le reti ad una profondità di 15 “passi di corda”, rimasero sbalorditi che per circa 15 giorni le reti raggiungessero il fondale con soli 5 passi di corda.

A Messina, presso la fortezza della Cittadella, furono osservati 3 ritiri e ritorni del mare (Anonimo, 1693a): il mare si ritirava per 60 passi (circa 50 m) e poi ritornava violentemente superando la banchina del molo. Sulla spiaggia furono trovati molti pesci (Boccone, 1697a).

A Mascali il mare sommerse la riva per circa 1 miglio (circa 1,5 km) verso l'interno (Boccone, 1697a).

A Taormina (Giardini Naxos) il mare si ritirò per circa mezzo miglio trascinando alcune piccole imbarcazioni (Boccone, 1697a).

A Mazzarelli (oggi Marina di Ragusa) il mare si ritirò e poi tornò violentemente causando danni a una barca ormeggiata (Guidoboni et al., 2018).

Nell'isola di Lipari il mare era molto agitato e ha allagato la spiaggia (Guidoboni et al., 2018).

A Gozo (arcipelago di Malta), secondo Camilleri (2006), che a sua volta cita Aguis De Soldanis, il mare a Xlendi si è ritirato fino a circa un miglio per poi tornare indietro poco dopo “con grande impeto e mormorio”.

Recenti studi interdisciplinari hanno combinato analisi geologiche, sismologiche e storiche. I sedimenti marini prelevati lungo la costa orientale della Sicilia rivelano tracce inequivocabili del maremoto del 1693, confermando l'entità e l'estensione dell’evento. Gli storici, invece, hanno esaminato attentamente le cronache dell’epoca, confrontando le descrizioni dell’evento con le moderne conoscenze sulla dinamica dei terremoti e degli tsunami.

La combinazione degli studi ha permesso di ricostruire con maggiore precisione ciò che accadde quel giorno e di valutare l’impatto complessivo dell'evento, che trasformò radicalmente il paesaggio fisico e culturale della Sicilia sud-orientale e del Vallo di Noto.